Il 2021 chiude all’estero con una performance da record per gli spumanti italiani. Un successo che porta la firma “autorevole” del Prosecco, campione del made in Italy, che oltre confine ha raggiunto l’anno scorso un fatturato di oltre 1,3 miliardi di euro.
Dai dati più recenti, analizzati dall’Osservatorio del Vino UIV-Vinitaly, emerge, oltre confine, una crescita per tutto il sistema sparkling. Tuttavia, per una valutazione più puntuale rispetto ai livelli pre-Covid, si considera in questa analisi come base di riferimento il biennio 2020-2021, allo scopo di depurare il dato degli ultimi dodici mesi dall’effetto “revenge spending”, quel fenomeno cioè che in questi due anni di pandemia ha determinato, a causa della diversa modulazione delle restrizioni anticontagio, un rimbalzo (dopo la caduta del 2020) delle esportazioni di vini e spumanti nel 2021.
Si attira l’attenzione innanzitutto su un dato: considerando la media delle esportazioni in valore di tutto il segmento spumanti del biennio 2020-2021, dal confronto con il 2019 emerge un aumento del 4,4%, con un fatturato oltre confine di 1,8 miliardi di euro (anche questo al massimo storico) raggiunto l’anno scorso.
Il dettaglio per tipologie (si possono al riguardo analizzare i dati riportati nelle tabelle dalla 2 alla 7) segnala un incremento a due cifre per il Prosecco, più precisamente dell’11%, ma lo stesso confronto restituisce solo un modesto avanzamento per l’aggregato Asti spumante (+1,5%) e, in controtendenza con la dinamica generale, variazioni di segno negativo, talvolta anche accentuate, per le restanti categorie. Nello specifico si osservano flessioni di oltre il 30% per l’insieme degli spumanti a denominazione di origine protetta, al netto di Asti e Prosecco, e riduzioni di quasi il 17% per le bollicine Igp; segno meno anche per varietali e altri sparkling.
Da questa prima ricognizione si può dunque confermare, nel segmento, il ruolo “propulsore” del Prosecco, che da solo è arrivato l’anno scorso a coprire quasi il 73% del fatturato da export del settore.
La disamina delle quote per macro destinazioni, riferita all’insieme dei vini spumanti, evidenzia alcuni aggiustamenti tra l’Europa continentale e l’area del Nord America, con quest’ultima che ha spuntato circa due punti di share tra il 2019 e il 2021 (un punto equivale ad oltre 18 milioni di euro di giro d’affari). Il guadagno di quota da parte del duo Usa-Canada ha sottratto un punto pieno all’Europa, 6 decimi di punto ai paesi dell’Asia orientale e 4 decimi al Sud America.
Osservando i dati, ancora per l’insieme degli spumanti, ma per singoli paesi - questa volta distinti tra i tre di vertice e i dieci follower, nonché tra gli emergenti e gli ”small market” (questi ultimi tutti con fatturato inferiore ai 10 milioni di euro - cfr. tabelle 8 e 9), si possono desumere alcune interessanti evidenze.
Innanzitutto è possibile constatare, dall’analisi del trend storico, quanto importante per il settore sia a tutt’oggi il ruolo dei primi due mercati di sbocco, rappresentati da Usa e Regno Unito, paesi in cui la spumantistica italiana esprime (dato 2021) fatturati rispettivamente di 460 e 341 milioni di euro.
Dal grafico 1) a prima vista appare evidente la netta divaricazione dei trend in termini di quote: in forte crescita sul mercato a stelle e strisce, fino a un picco di oltre il 25% rilevato nel 2021, ma in stabilizzazione oltre Manica, dove il 18,7% attuale si confronta con incidenze di oltre il 30% raggiunte nel biennio 2016-2017.
Tuttavia l’analisi del mercato britannico nel 2021 non può prescindere dall’integrazione delle riesportazioni dal Belgio: grazie a particolari convenzioni, i porti sul Mare del Nord del piccolo regno sono diventati hub logistici usati dai grandi discounter europei presenti in UK per sdoganare il prodotto più velocemente le merci. Il Prosecco è uno dei vini più soggetti a questo tipo di triangolazione: l’anno scorso l’Italia ha esportato verso il Belgio un volume di 194.000 ettolitri, per un controvalore di 60 milioni di euro, a fronte di traffici pressoché minimi nel 2020. Di questo volume di Prosecco, il Belgio ne ha riesportati in UK la quasi totalità, 155.000 ettolitri, per un valore di 51,4 milioni di euro. Sommato il volume/valore diretto verso UK più le riesportazioni dal Belgio, il totale Prosecco verso il Regno Unito balza a 1,1 milioni di ettolitri (+23%) per un valore di 362 milioni di euro (+26%).
Ribaltando il Prosecco sul totale export italiano di spumanti verso Londra, i dati visti in precedenza cambiano radicalmente: da -9% valore si balza a +5% (393 milioni di euro) e da -2% volume si balza a +12% (1,2 milioni di ettolitri). Di riflesso, con incorporato il Belgio, torna ad aumentare il peso di Londra sul totale export spumanti: dal 19% valore al 22% e dal 22% al 25% volume.
In Usa, le vendite di spumanti italiani hanno raggiunto l’anno scorso un apice di 460 milioni, registrando una crescita del 23% nel confronto tra il 2021 e il 2019 e una progressiva espansione nel lungo termine, salvo la battuta d’arresto del 2020 motivata dalle difficoltà logistiche e dal fermo Horeca imposto nella fase più acuta dell’emergenza Covid (cfr. grafico 1).
L’altra evidenza empirica che emerge dalla serie storica dell’export è la progressiva, e a quanto pare ineluttabile, perdita di rilevanza del mercato tedesco, dove il trend è ancora più eloquente. Si consideri, al riguardo, che nell’ormai lontano 2010 le cantine italiane incassavano in Germania con le vendite di spumanti quasi 90 milioni di euro, rappresentativi in quell’anno di oltre il 20% del totale export di reparto. Oggi lo stesso assegno vale poco meno di 130 milioni di euro, ma in termini relativi si tratta di appena il 7,1% del valore totale. L’incidenza, proprio nell’anno del “revenge spending”, è la più bassa dell’ultimo decennio, dopo il 6,7% archiviato nel 2019. È evidente, dunque, che nella ripartizione delle quote la Germania ha perso rilevanza, un fenomeno che riflette la riduzione dei flussi reali, con i volumi di spumanti diretti nel Paese (316mila ettolitri nel 2021), inferiori agli oltre 387mila spediti nel 2010 (-18%). Di contro nello stesso arco temporale sono quadruplicati gli invii negli Stati Uniti e aumentati di cinque volte quelli nel mercato Uk, che hanno però subìto una contrazione negli anni più recenti (-8% a distanza di cinque anni). Basta uno sguardo al grafico 1 per notare la dinamica pressoché piatta del trend tedesco, rispetto a quella in ascesa del Regno Unito, fino al 2018, e degli Usa, tuttora in atto.
Fuori dal podio, si può osservare dal parterre dei primi 10 paesi follower, una drastica perdita di rilevanza del mercato russo, - nonostante l’embargo non abbia finora toccato il comparto enologico - un consolidamento del ruolo della Francia, che rappresenta la quarta maggiore destinazione per gli spumanti italiani dopo la Germania, una flessione della quota in Svizzera e un rafforzamento in Svezia. La crescita abnorme del mercato belga è stata spiegata in precedenza.
Le altre principali evidenze sono date dalla minore incidenza dei mercati giapponesi e austriaci e dalla maggiore rappresentatività, sempre in termini relativi, di Canada e Polonia.
La Russia, che nel 2010 rappresentava quasi il 9% del fatturato totale ( il 10% nel 2011) è scesa sotto il 4%. Il Giappone al 2% di quota-valore nel 2021, sfiorava il 5% dieci anni fa (nel 2012). Appare significativa invece la progressione di Parigi, che dal 2% del 2010 è arrivata al 4,6%, mostrando un crescente interesse verso le bollicine italiane, cresciute nel periodo di osservazione, di oltre 5 volte in volume e di quasi 10 in termini valutari (si veda anche grafico 2).
La Russia, di pari passo, è invece cresciuta, in termini quantitativi, di appena il 21% dal 2010 al 2021 e dell’85% in valore. La perdita dell’incidenza di Mosca denota, alla luce di queste dinamiche, una potenzialità di crescita inespressa, associata verosimilmente a dinamiche valutarie sfavorevoli al rublo che hanno dirottato gli acquisti su altri fornitori e su prodotti più economici e di minore qualità. È evidente che la situazione attuale, dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, potrebbe tradursi in un azzeramento totale delle spedizioni di vini e spumanti oltre gli Urali, per l’effetto di misure di ritorsione attese dal sistema in risposta alle pesanti sanzioni occidentali.
Per quanto attiene ai Paesi emergenti, che in questa analisi comprendono Cina, Corea del Sud, Messico, Brasile e Sud Africa, dalle dinamiche delle quote-valore emergono andamenti altalenanti per la Cina, dove il fatturato sparkling supera attualmente di 17 milioni di euro, e un decisivo rafforzamento del ruolo di Seul, con il fatturato lievitato di quindici volte dal 2010 al 2021 e oggi arrivato a un picco di 9 milioni di euro. Sinusoidale anche il trend del Messico, paese che sta comunque mostrando qualche difficoltà di tenuta per le bollicine made in Italy. Un fenomeno che l’accomuna al Brasile, altro mercato in cui le cantine italiane faticano, ancor più, a mantenere una sia pure ridotta presenza. Si consideri che i 5-6 milioni di euro di esportazioni del 2010-2011 sono oggi ridotti di quasi la metà, a 3,5 milioni scarsi. In generale si può affermare che in Sud America, per l’effetto combinato di diversi fattori, anche in questo caso valutari, economici e finanziari, ma per lo più riconducibili alla concorrenza e agli accordi con fornitori di calibro dell’area, come Argentina e Cile, l’Italia non potrà vantare particolari ambizioni, se non sfruttando nicchie di mercato e intercettando la domanda della ristorazione.
Considerando l’evoluzione delle vendite di spumanti negli small market, la Nuova Zelanda, oltre agli Emirati Arabi Uniti, è il mercato che sembra mostrare le maggiori potenzialità di crescita. Nel Paese oceanico, che oltre ad essere produttore è anche esportatore di vini, di fascia peraltro elevata, si osservano fatturati non molto distanti da quelli realizzati dall’Italia in paesi partner (e di maggiore vicinato) come Grecia, Estonia e Slovacchia. Al contrario, il Portogallo, sempre tra i piccoli, registra oggi un’incidenza molto più contenuta rispetto allo scorso decennio, con volumi che, in termini assoluti, tra il 2010 e il 2021 si sono ridotti di oltre il 50%, alleggerendo del 24% anche i corrispettivi monetari.
Quanto ai prezzi, rispetto alla media (Fob) di 3,73 euro/litro rilevata nel quinquennio 2017-2021, si osservano valori più elevati in Usa, Canada e Giappone, oltre che in Svizzera, Svezia e Austria, mentre Regno Unito, Germania, Francia e Belgio si collocano su livelli di prezzo inferiori. Tra gli emergenti si rilevano valori unitari sopra la media solo in Corea del Sud e Sud Africa. Oltre l’asticella, nel gruppo degli small market, anche gli Emirati Arabi Uniti, la Nuova Zelanda e l’Estonia. Il minimo assoluto, tra Top, follower, emergenti e piccoli mercati, si riscontra in Portogallo, paese che ha importato nell’ultimo quinquennio spumanti italiani a un prezzo di soli 2,13 euro/litro, inferiore di oltre il 40% alla media generale.