Report a cura di Carlo Flamini
La situazione dell’export nella prima metà dell’anno mostra dati a prima vista contraddittori: non può non balzare all’occhio l’ampiezza del segno più sui valori (oltre +13%, a 3,8 miliardi di euro), trainati da un prezzo medio che tra giugno 2021 e giugno 2022 è passato da 3,20 a 3,60 euro al litro. Se però guardiamo il volume, dove ci si aspetterebbe altrettanto, troviamo una tendenza alla piattezza, con saldo zero rispetto ai primi sei mesi del 2021.
Alcuni dati poi fanno riflettere: in Usa, primo mercato di esportazione, i volumi dei vini fermi sono in arretramento del 4%, in Germania del 3%, a cui si affianca il -6% sulla voce frizzanti. Segno che il valore generato non è servito a comprare più prodotto, ma neppure di migliore qualità (i vini fermi Dop chiudono il semestre a -1%): togliendo l’effetto inflattivo, che di fatto sta drogando i prezzi, la crescita si smorza prepotentemente. Nota positiva è il fatto che il dollaro oggi sia in parità con l’euro, fattore che sta giocando a nostro favore in questo momento storico: avessimo avuto il cambio di un anno fa, staremmo a raccontare una storia ben diversa.
Tornando alla componente valore, giusto per dare un’indicazione della straordinarietà del momento, si consideri che per la prima volta nella storia un singolo trimestre supera la soglia dei 2 miliardi (si è andati quasi a 2,1 per la precisione). Ma è anche la prima volta che il secondo trimestre registra valori maggiori del quarto, che storicamente è quello in cui si esporta di più: il quarto trimestre 2021 segnò 1,9 miliardi, il 2020 e 2019 si attestarono a 1,8 e così via. Quanto di questo extra-valore rimanga nelle tasche delle imprese è arduo dirlo, ma con un’inflazione media al 7% e le componenti di approvvigionamento balzate a doppia se non a tripla cifra, non è azzardato dire che la crescita reale possa essere compresa tra 2-3%.
Resta la considerazione che il nostro Paese sta immettendo sul mercato il volume prodotto nella vendemmia 2021 (50 milioni di ettolitri) e si appresta a dover trovare mercato a una equivalente quantità di prodotto proveniente dalla vendemmia 2022 (secondo le stime presentate da UIV-Ismea-Assoenologi), con la situazione giacenze in media a +5% e punte a due cifre in alcuni areali, come la Puglia, dove pare tra l’altro che il prodotto non manchi, come era stato preventivato a inizio campagna.
Lasciamo per una volta in secondo piano la componente spumanti, in quanto non mostra particolari criticità da segnalare, se non il fatto che – su Prosecco e soprattutto Asti – vi sono movimenti di prodotto verso lidi alternativi alla Russia, o meglio sponde per bypassare la travagliata rotta diretta: in particolare, per le bollicine piemontesi, segnaliamo Polonia (+230%) e Lettonia (+300%), a compensare il -25% diretto verso Mosca, oltre al -41% verso Kiev. La tara della sommatoria di Baltici, Polonia e Russia-Ucraina, alla fine, risulta in un +44% volumico (50.300 ettolitri di prodotto).
Per il Prosecco, oltre al +44% fatto segnalare in Polonia, segnaliamo l’assestamento dell’export verso il Belgio, a +1%: i 90.000 ettolitri di prodotto, poi ridiretti verso Londra, paiono essere la quota ormai fisiologica del post-Brexit. A volume, le bollicine veneto-friulane chiudono a +13% (1,8 milioni di ettolitri, il 17% del totale export nazionale), con punte di +20% in UK e +18% in Germania, mentre gli Usa si “fermano” a +10%.
Andiamo invece ad accendere un faro sui prodotti/mercati che segnalano una congiuntura statica se non sfavorevole in termini volumetrici: sui vini fermi confezionati, innanzitutto meglio i bianchi dei rossi, con i primi a +2% (2,4 milioni di ettolitri) contro lo speculare -2% dei secondi, a 2,9 milioni di ettolitri. In calo, sui bianchi, gli Usa (-4%, con veneti Dop a -7%) e la Germania (-3%, ma con i veneti in salute a +4%), mentre positiva è la situazione in Regno Unito (+12%, dovuto a una straordinaria infornata di vini a indicazione geografica in provenienza dal Nordest, +38%). Crescite nel Nord Europa e anche in Canada, a +15%.
Sui rossi, invece, la Germania segna -4% (con -8% per i veneti Dop e -6% per i piemontesi), accompagnata da -5% degli Usa (con -4% per i piemontesi e -1% per i toscani Dop), -7% di Paesi Bassi e Svizzera, -4% del Canada (-1% i veneti), compensati da Scandinavia, Giappone (+20%) e Belgio. In fortissimo calo le spedizioni verso la Cina, scesa del 30%, a cui si affianca il -30% della Corea del Sud (su un 2021 a onor del vero però straordinario).
Sui frizzanti, saldo generale magrissimo (-9%), con punte del -18% per gli Igp (quindi Lambrusco soprattutto), che perdono oltre il 35% del volume inviato in Usa, compensato solo in parte da Messico (+5%), Germania (+2%) e Spagna (+10%). In Germania invece cali per i frizzanti Dop (quindi Prosecco, a -5%), così come in Repubblica Ceca (-4%), con gli Usa in questo caso positivi a +22%, per un saldo della categoria sotto +1%.